
NO PERMITAS QUE NADIE TE LLAME «HÉROE»
(Carta que entregó un médico a sus colegas en el momento de la pandemia)
No dejes que nadie te llame héroe. Porque quien te llama héroe en tiempos de guerra es el mismo que en tiempos de paz, degradó, mortificó y profanó la profesión médica.
No dejes que nadie te llame héroe. Porque los que lo hacen tienen pasión por los «eslóganes» … histéricos y reductivos. Y «negligencia médica» es un eslogan, uno de los mejores.
No dejes que nadie te llame héroe. Porque una categoría de profesionales no se transforma, con sus derechos y deberes, con sus familias, con necesidades superpuestas a las de cualquier otro trabajador, en un ejército improbable de mártires o misioneros.
No dejes que nadie te llame héroe. Porque te están usando a ti. Sin comportamiento y sin modestia. Lo hacen para colocar una cortina elegante y efectiva sobre sus enormes responsabilidades: la de haberle quitado los medios para trabajar ayer y la de enviarlo a la guerra hoy sin armas.
No dejes que nadie te llame héroe. Porque el paso de la glorificación de los medios a la acusación de cobardía es muy corto. Y cuando, mediante la investidura universal, te conviertes en un héroe, ya no puedes quejarte si pierdes la máscara.
No dejes que nadie te llame héroe. Porque algunos de tus colegas también te están utilizando … Los «expertos». No tienen tiempo para quedarse en el carril como tú: siempre están en la televisión, en los periódicos, en las redes sociales, para decir todo y lo contrario de todo, solo para promocionar su imagen, su nombre o el último libro publicado en tiempos registros sobre el tema … Lo hacen en nombre de la categoría, autoproclamando una representación mediática de ese heroísmo que, incluso si existiera, no les importaría.
No dejes que nadie te llame héroe. Porque vives en un país que se alimenta de sensacionalismo y, en caso de emergencia, puntualmente llega a considerar obligatorio el heroísmo. Y luego la elección te impone: martirio sobre el terreno o picota judicial mediática.
No lo hagas No caigas en la trampa …
No es obligatorio ser un héroe. Y ni siquiera es necesario. Sería suficiente que todos, médico, paciente, político, periodista, juez, abogado, conscientes de ser un hombre (compuesto de habilidades, pero también de debilidades, miedos, límites y sacrificios), intentaran cumplir con su deber y no le quitó su destino y responsabilidades. Es exactamente lo que los DOCTORES hacemos en silencio todos los días desde mucho antes de la pandemia. Siempre.
La pandemia, para nosotros, es solo una oportunidad para enseñarla a todos los demás. No lo perdamos
Alberto Mingione
Cirujano general – Hospital «San Carlo» de Potenza
NON PERMETTERE A NESSUNO DI CHIAMARTI “EROE”
(lettera di un medico ai suoi colleghi al tempo della pandemia)
Non permettere a nessuno di chiamarti eroe. Perché chi ti chiama eroe in tempo di guerra è lo stesso che in tempo di pace ha svilito, mortificato, dissacrato la professione medica.
Non permettere a nessuno di chiamarti eroe. Perché chi lo fa ha la passione per gli “slogan”… isterici e riduttivi. E la “malasanità” è uno slogan, uno dei meglio riusciti.
Non permettere a nessuno di chiamarti eroe. Perché non si trasforma una categoria di professionisti, con i loro diritti e i loro doveri, con le loro famiglie, con esigenze sovrapponibili a quelle di ogni altro lavoratore, in un improbabile esercito di martiri o missionari.
Non permettere a nessuno di chiamarti eroe. Perché ti stanno usando. Senza contegno e senza pudore. Lo fanno per stendere un’elegante, efficace cortina sulle loro enormi responsabilità: quella di averti tolto i mezzi per lavorare ieri, e quella di mandarti oggi in guerra senza le armi.
Non permettere a nessuno di chiamarti eroe. Perché dalla glorificazione mediatica all’accusa di codardia il passo è brevissimo. E quando, per investitura universale, diventi un eroe, non puoi più lagnarti se ti manca la mascherina.
Non permettere a nessuno di chiamarti eroe. Perché ti stanno usando anche certi tuoi colleghi… Gli “esperti”. Loro non hanno il tempo di stare in corsia come te: sono sempre in TV, sui giornali, sui social, a dire tutto e il contrario di tutto, pur di promuovere la loro immagine, il loro nome o l’ultimo libro pubblicato in tempi record sull’argomento… Lo fanno a nome della categoria, autoproclamandosi rappresentazione mediatica di quell’eroismo che, seppure esistesse, non li riguarderebbe.
Non permettere a nessuno di chiamarti eroe. Perché vivi in un paese che si nutre di sensazionalismo, e, nell’emergenza, arriva puntualmente a considerare l’eroismo obbligatorio. E poi ti impone la scelta: martirio sul campo o gogna mediatico-giudiziaria.
Non farlo. Non cadere nel tranello…
Non è obbligatorio essere eroi. E non è neppure necessario. Basterebbe che ognuno – medico, paziente, politico, giornalista, giudice, avvocato – consapevole di essere un uomo (fatto di competenze, ma anche di debolezze, di paure, di limiti e di sacrifici), tentasse di fare il proprio dovere e non si sottraesse al proprio destino e alle proprie responsabilità. E’ esattamente quello che noi MEDICI facciamo tutti i giorni, silenziosamente, da molto prima della pandemia. Da sempre.
La pandemia, per noi, è soltanto l’occasione di insegnarlo a tutti gli altri. Non perdiamola.
Alberto Mingione
Chirurgo Generale – Ospedale “San Carlo” di Potenza
«